Le industrie creative e culturali: dove Roma può vincere!
00:47
Il 7 Dicembre 1995, la Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea riportava la risoluzione del 20 Novembre sulla “promozione delle statistiche in materia di cultura e di crescita economica”. In tale risoluzione il consiglio invitava la Commissione a “garantire, in stretta collaborazione con gli Stati membri […] un migliore sfruttamento delle risorse statistiche esistenti, nonché il corretto svolgimento dei lavori finalizzati all’ottenimento di statistiche comparabili nell’ambito dell’Unione Europea per quanto concerne il settore della cultura”.
La Vita dei Romani: Tutti i dati, tabelle e grafici
11:23
Come si vive a Roma? Come vivono i Romani? Qual è il pensiero autentico sulla città? E cosa emerge dal confronto tra le loro percezioni e quelle dei residenti in città come Milano, Napoli, Torino e nelle altre? Quali sono, nel bene e nel male, i primati di Roma? Un quadro delle emozioni, delle paure, della rabbia, e anche della gioia, che comporta vivere a Roma. Un report di Wikiroma. Un’altra iniziativa di condivisione sociale delle competenze. Qui il link per leggere e scaricare tutto.
La Vita dei Romani: il Report completo
11:17
Come si vive a Roma? Come vivono i Romani? Qual è il pensiero autentico sulla città? E cosa emerge dal confronto tra le loro percezioni e quelle dei residenti in città come Milano, Napoli, Torino e nelle altre? Quali sono, nel bene e nel male, i primati di Roma? Un quadro delle emozioni, delle paure, della rabbia, e anche della gioia, che comporta vivere a Roma. Un report di Wikiroma. Un’altra iniziativa di condivisione sociale delle competenze. Qui il link per leggere e scaricare il Rapporto completo "la Vita dei Romani.
Roma e le Olimpiadi necessarie: una testimonianza
16:44
Domani, 17 febbraio, il Comitato promotore dei Giochi Olimpici e Paraolimpici di Roma 2024 presenterà a Losanna il dossier di candidatura. Avremo quindi un’idea più chiara del progetto: dove verranno svolte le competizioni, la localizzazione del villaggio olimpico e del media center, e le nuove infrastrutture previste per il pieno successo della manifestazione.
Roma e Milano: utopie e fango nella competizione fra città
12:00
(Pubblicato su Huffington Post del 15 febbraio 2016)
Roma e Milano, gemelle e opposte, e sempre in lotta per chi rappresenti meglio l'identità dell'Italia, (lotta vana, per altro, in un paese molteplice come il nostro), anche in queste elezioni presentano ragioni di riflessione e di competizione.
Qual è il punto? Milano sembra oramai in corsa per eleggere alla carica di sindaco una figura che potremmo definire di "city manager rafforzato". Detto con nessun senso riduttivo (e lo si capirà tra un attimo), si tratta di una scelta che, non casualmente, poteva accadere solo a Milano. E vedremo tra un attimo perché.
Roma s'appresta a scegliere comunque un politico (Bertolaso è cresciuto dentro l'humus politico non meno di un politico di professione) e, ancora una volta, sembra distanziarsi da Milano, o meglio, dandogli un'interpretazione un po' con il pregiudizio, sembra arrancare rispetto a Milano proprio in questo, nella non scelta di un manager. Dove per manager s'intende uno che fa le cose, le porta a compimento, insomma un uomo del fare, per seguire la semplificazione giornalistica.
Allora qui arriva la prima considerazione. Milano ha già, e da tempo, risolto i problemi della civicness o, per usare termini più neutrali, il problema del funzionamento di base della città e del ruolo e della qualità della sua macchina pubblica. Milano è entrata da tempo in quella sfera di competizione globale che si chiama mercato dell'attrazione. Dove il termine è onnicomprensivo, come attrazione degli investimenti, attrazione turistica e attrazione dei nuovi residenti. Città che attrae, attrae in tutte le cose; città che respinge, respinge in ogni cosa. È la semplice regola della competizione tra le città. Dove si allocheranno i grandi capitali internazionali? A Milano o a Singapore? A Seul o a Rio de Janeiro? Non sono nomi fatti a caso, ma indicano che la competizione globale si svolge esattamente su questo piano: una città vale l'altra, quel che conta è la loro capacità di produrre ricchezza. Milano gioca in questo mercato.
La politica di cui Milano ha bisogno è quella di rendere compatta la sua comunità e di presentarla al meglio sul mercato globale della competizione tra le città che decidono i destini del mondo. Non è facile neppure per Milano, ma il campionato è quello. Poi, certamente, esistono le questioni di giustizia sociale, di pari opportunità per tutti, di equilibrio economico nelle classi sociali. Ma questi problemi si risolvono più facilmente quando la ricchezza cresce, perché quando diminuisce è quasi impossibile. Su questo oggi ruota la funzione della politica a Milano e il buon governo meneghino.
E Roma? Non avrebbe anch'essa bisogno di un "city manager potenziato"? Eh no, Roma ha bisogno d'altro. Roma che è naturaliter più capitale di Milano, e più globale di Milano (per storia, ambizione e potenzialità) ha problemi d'altra natura. Il problema numero uno di Roma è di ritrovarsi come collettività. Sembra una cosa astratta, ma è la cosa concretissima che la città non riesce a risolvere, e che negli ultimi anni sembra aver smarrito in maniera clamorosa. Roma ha bisogno della politica come l'arte di mettere insieme le persone, indicare una strada e realizzare le attese collettive. Roma ha bisogno di demiurghi che ne plasmino forme e contenuti secondo le necessità di questo nostro tempo, qui e ora.
Roma ha bisogno che le regole siano semplici e siano rispettate (il mondo contemporaneo, a cominciare dalla rivoluzione digitale, vuole immediatezza, semplicità, velocità); ha bisogno di uccidere la bestia che si è incuneata in molti ambiti della macchina pubblica, dove l'interesse particolare, illecito e lecito, si è allargato a dismisura. Ma c'è un problema più ampio, che è quello di rendere più forte il senso d'appartenenza alla città di ciascuno. C'è bisogno che il sindaco sia, in qualche modo, il centro di riferimento morale della città. La politica allo stesso tempo produce decisioni, coagula interessi e crea un rapporto simbolico con la città, nel bene e nel male. Oggi Roma ha bisogno di riscoprire la politica al suo massimo livello di ambizione: qualcosa che possa innescare una rigenerazione della città. Ci può riuscire un city manager? Non propriamente. Questo non vuol dire, naturalmente, che per Roma serva la cura delle parole, invece di quella dei fatti. No, serve la cura delle parole e dei fatti insieme, in stretta correlazione, in un infinito rimando tra le cose dette e quelle fatte, tra la percezione dei molti e la visione dell'uno (il sindaco). È una questione molto più complessa, che però ci porta, alla fine, a capire che proprio a questo serve la politica.
C'è una scintilla che Roma aspetta da troppi anni: quella che scatti tra un'esigenza latente della collettività di avere finalmente una città ordinata, facile, elementare, e la manifestazione chiara di questa ambizione anche nella classe dirigente locale. È questa scintilla che è mancata e che i Romani aspettano, finora invano. È questa scintilla che divide un leader da qualunque altro esponente politico che, semplicemente, pensa a gestire le cose, in una visione, questa sì, riduttiva, inutile, senza futuro e senza rispecchiamento collettivo.
E Roma ha anche bisogno che siano definite quelle tre/quattro cose strutturali che cambino davvero il volto della città e anche la sua anima, la sua testa. Ci vogliono idee-guida forti, non forti perché siano declamate con enfasi retorica, ma perché hanno dentro la capacità di scardinare davvero le cose, l'attuale disperante assetto di tutto ciò che è pubblico. A esempio, si può pensare a modernizzare la città e colpire al cuore la corruzione rendendo il cambio delle destinazioni d'uso spesso frutto di corruzioni o di pressioni politiche in qualcosa di trasparente, redditizio per il Comune e capace di attrarre investimenti stranieri? Si può pensare di sciogliere il rapporto incestuoso tra il comune di Roma e l'Atac, dove il primo è azionista e, nello stesso tempo, controparte dei contratti di servizio con la stessa Atac? Si può pensare al rilancio della cultura introducendo forme giuridiche nuove (le Fondazioni) al posto dell'attuale struttura tutta dentro la pubblica amministrazione? Sono tre linee di lavoro che hanno in sé un motore di cambiamento straordinario.
Chi può affermare queste (o altre) nuove idee che cambino radicalmente Roma, se non un sindaco-politico, nel senso prima detto? Possiamo trovare una strada che non sia l'utopia di chi ha la testa tra le nuvole o il realismo di chi sta con i piedi nel fango? Si può risollevare Roma senza il concorso diretto, convinto, impegnato del suo popolo? E chi lo può raggiungere questo risultato se non un politico, cioè una persona che nasca dall'investitura popolare nella sua intenzione di cambiare radicalmente Roma?
Anche questo, alla fine, è semplice. Bisogna che chi si candidi a Roma esprima con chiarezza le cose che intende fare, e se queste sono capaci di scardinare l'attuale status quo, ancor meglio. E con chiarezza indichi alla gente di scegliere, cioè di sostenerle. Con questo spirito, forte del consenso popolare, potrà davvero cambiare le cose con il concorso di tutti. La ricerca del consenso sganciato dalla chiarezza è quello che ha portato la città al disastro.
E sarà così che Roma, senza aver scelto il suo "city manager potenziato", si troverà miracolosamente nella competizione globale tra le città che determinano il destino del mondo. La premessa è che decida il suo, di destino, prima di tutto.
Roma e Milano, gemelle e opposte, e sempre in lotta per chi rappresenti meglio l'identità dell'Italia, (lotta vana, per altro, in un paese molteplice come il nostro), anche in queste elezioni presentano ragioni di riflessione e di competizione.
Qual è il punto? Milano sembra oramai in corsa per eleggere alla carica di sindaco una figura che potremmo definire di "city manager rafforzato". Detto con nessun senso riduttivo (e lo si capirà tra un attimo), si tratta di una scelta che, non casualmente, poteva accadere solo a Milano. E vedremo tra un attimo perché.
Roma s'appresta a scegliere comunque un politico (Bertolaso è cresciuto dentro l'humus politico non meno di un politico di professione) e, ancora una volta, sembra distanziarsi da Milano, o meglio, dandogli un'interpretazione un po' con il pregiudizio, sembra arrancare rispetto a Milano proprio in questo, nella non scelta di un manager. Dove per manager s'intende uno che fa le cose, le porta a compimento, insomma un uomo del fare, per seguire la semplificazione giornalistica.
Allora qui arriva la prima considerazione. Milano ha già, e da tempo, risolto i problemi della civicness o, per usare termini più neutrali, il problema del funzionamento di base della città e del ruolo e della qualità della sua macchina pubblica. Milano è entrata da tempo in quella sfera di competizione globale che si chiama mercato dell'attrazione. Dove il termine è onnicomprensivo, come attrazione degli investimenti, attrazione turistica e attrazione dei nuovi residenti. Città che attrae, attrae in tutte le cose; città che respinge, respinge in ogni cosa. È la semplice regola della competizione tra le città. Dove si allocheranno i grandi capitali internazionali? A Milano o a Singapore? A Seul o a Rio de Janeiro? Non sono nomi fatti a caso, ma indicano che la competizione globale si svolge esattamente su questo piano: una città vale l'altra, quel che conta è la loro capacità di produrre ricchezza. Milano gioca in questo mercato.
La politica di cui Milano ha bisogno è quella di rendere compatta la sua comunità e di presentarla al meglio sul mercato globale della competizione tra le città che decidono i destini del mondo. Non è facile neppure per Milano, ma il campionato è quello. Poi, certamente, esistono le questioni di giustizia sociale, di pari opportunità per tutti, di equilibrio economico nelle classi sociali. Ma questi problemi si risolvono più facilmente quando la ricchezza cresce, perché quando diminuisce è quasi impossibile. Su questo oggi ruota la funzione della politica a Milano e il buon governo meneghino.
E Roma? Non avrebbe anch'essa bisogno di un "city manager potenziato"? Eh no, Roma ha bisogno d'altro. Roma che è naturaliter più capitale di Milano, e più globale di Milano (per storia, ambizione e potenzialità) ha problemi d'altra natura. Il problema numero uno di Roma è di ritrovarsi come collettività. Sembra una cosa astratta, ma è la cosa concretissima che la città non riesce a risolvere, e che negli ultimi anni sembra aver smarrito in maniera clamorosa. Roma ha bisogno della politica come l'arte di mettere insieme le persone, indicare una strada e realizzare le attese collettive. Roma ha bisogno di demiurghi che ne plasmino forme e contenuti secondo le necessità di questo nostro tempo, qui e ora.
Roma ha bisogno che le regole siano semplici e siano rispettate (il mondo contemporaneo, a cominciare dalla rivoluzione digitale, vuole immediatezza, semplicità, velocità); ha bisogno di uccidere la bestia che si è incuneata in molti ambiti della macchina pubblica, dove l'interesse particolare, illecito e lecito, si è allargato a dismisura. Ma c'è un problema più ampio, che è quello di rendere più forte il senso d'appartenenza alla città di ciascuno. C'è bisogno che il sindaco sia, in qualche modo, il centro di riferimento morale della città. La politica allo stesso tempo produce decisioni, coagula interessi e crea un rapporto simbolico con la città, nel bene e nel male. Oggi Roma ha bisogno di riscoprire la politica al suo massimo livello di ambizione: qualcosa che possa innescare una rigenerazione della città. Ci può riuscire un city manager? Non propriamente. Questo non vuol dire, naturalmente, che per Roma serva la cura delle parole, invece di quella dei fatti. No, serve la cura delle parole e dei fatti insieme, in stretta correlazione, in un infinito rimando tra le cose dette e quelle fatte, tra la percezione dei molti e la visione dell'uno (il sindaco). È una questione molto più complessa, che però ci porta, alla fine, a capire che proprio a questo serve la politica.
C'è una scintilla che Roma aspetta da troppi anni: quella che scatti tra un'esigenza latente della collettività di avere finalmente una città ordinata, facile, elementare, e la manifestazione chiara di questa ambizione anche nella classe dirigente locale. È questa scintilla che è mancata e che i Romani aspettano, finora invano. È questa scintilla che divide un leader da qualunque altro esponente politico che, semplicemente, pensa a gestire le cose, in una visione, questa sì, riduttiva, inutile, senza futuro e senza rispecchiamento collettivo.
E Roma ha anche bisogno che siano definite quelle tre/quattro cose strutturali che cambino davvero il volto della città e anche la sua anima, la sua testa. Ci vogliono idee-guida forti, non forti perché siano declamate con enfasi retorica, ma perché hanno dentro la capacità di scardinare davvero le cose, l'attuale disperante assetto di tutto ciò che è pubblico. A esempio, si può pensare a modernizzare la città e colpire al cuore la corruzione rendendo il cambio delle destinazioni d'uso spesso frutto di corruzioni o di pressioni politiche in qualcosa di trasparente, redditizio per il Comune e capace di attrarre investimenti stranieri? Si può pensare di sciogliere il rapporto incestuoso tra il comune di Roma e l'Atac, dove il primo è azionista e, nello stesso tempo, controparte dei contratti di servizio con la stessa Atac? Si può pensare al rilancio della cultura introducendo forme giuridiche nuove (le Fondazioni) al posto dell'attuale struttura tutta dentro la pubblica amministrazione? Sono tre linee di lavoro che hanno in sé un motore di cambiamento straordinario.
Chi può affermare queste (o altre) nuove idee che cambino radicalmente Roma, se non un sindaco-politico, nel senso prima detto? Possiamo trovare una strada che non sia l'utopia di chi ha la testa tra le nuvole o il realismo di chi sta con i piedi nel fango? Si può risollevare Roma senza il concorso diretto, convinto, impegnato del suo popolo? E chi lo può raggiungere questo risultato se non un politico, cioè una persona che nasca dall'investitura popolare nella sua intenzione di cambiare radicalmente Roma?
Anche questo, alla fine, è semplice. Bisogna che chi si candidi a Roma esprima con chiarezza le cose che intende fare, e se queste sono capaci di scardinare l'attuale status quo, ancor meglio. E con chiarezza indichi alla gente di scegliere, cioè di sostenerle. Con questo spirito, forte del consenso popolare, potrà davvero cambiare le cose con il concorso di tutti. La ricerca del consenso sganciato dalla chiarezza è quello che ha portato la città al disastro.
E sarà così che Roma, senza aver scelto il suo "city manager potenziato", si troverà miracolosamente nella competizione globale tra le città che determinano il destino del mondo. La premessa è che decida il suo, di destino, prima di tutto.
Antonio Preiti
Le radici del male: come salvare ATAC, senza essere Napoleone
12:44
Inutile girarci intorno, il problema che da decenni impedisce a Roma di avere un trasporto pubblico locale degno di una capitale europea nasce e si radica nel rapporto incestuoso che le aziende pubbliche di gestione del trasporto romano hanno con l’Amministrazione comunale e la politica.
E' un rapporto perverso, che vede il Comune di Roma nella duplice veste di azionista assoluto delle aziende di trasporto e, nello stesso tempo, di controparte dei contratti di servizio. Da un lato è proprietario di ATAC e dall’altro considera ATAC suo cliente e fornitore di servizi. Un’insensatezza allo stato puro. Una circolarità viziosa che non rende nessuno responsabile di niente. Se a questo aggiungiamo l’influenza esercitata dai politici locali e i micro (o macro) interessi che questi ultimi rappresentano, il quadro è pericolosamente completo.
E' un rapporto perverso, che vede il Comune di Roma nella duplice veste di azionista assoluto delle aziende di trasporto e, nello stesso tempo, di controparte dei contratti di servizio. Da un lato è proprietario di ATAC e dall’altro considera ATAC suo cliente e fornitore di servizi. Un’insensatezza allo stato puro. Una circolarità viziosa che non rende nessuno responsabile di niente. Se a questo aggiungiamo l’influenza esercitata dai politici locali e i micro (o macro) interessi che questi ultimi rappresentano, il quadro è pericolosamente completo.
I fondi europei e Roma: una nuova possibilità per la città
10:50In una metropoli come Roma siamo tutti consapevoli della necessità di affrontare le esigenze e le emergenze che derivano dalle condizioni di vita dei vecchi e nuovi poveri, dal degrado fisico e sociale delle periferie, dalle insufficienze abitative, dalla pressione di migranti e dei residenti, dall’invecchiamento e dall’inadeguatezza dei servizi.
Cambiare il welfare! non solo pubblico, non tutto pubblico. L'esempio del welfare condominiale
11:45Camminano, cucinano, si curano e si lavano con qualche difficoltà, avrebbero bisogno di aiuto per non confondere i farmaci, andare a prendere la pensione, fare la spesa e pagare una bolletta. Sono molti gli anziani autonomi o con qualche lieve disabilità, che non hanno bisogno di un'assistenza sanitaria specifica ma sono abbastanza fragili da non riuscire a fare tutto da soli. Non vivono in condizioni di estremo disagio, ma non possono permettersi un aiuto né tanto meno la retta di una casa di cura. Spesso tutto è carico delle famiglie, se ci sono e se possono (tempo disponibile e/o impegno economico). Un’idea ….
Anatomia dell'ATAC, un report con dati, confronti e analisi del grande buco nero di Roma
09:38
Cos'è l'ATAC? Prima di esprimere un'opinione, guardiamo ai dati! Qui per vedere le slide che sintetizzano uno studio molto corposo realizzato da Unindustria, si analizza la realtà di ATAC in tutti i suoi aspetti, dalla struttura dei ricavi a quella dei costi, dalla governance alla produttività. Forse non è abbastanza noto che 1 km di ATAC costa 7,30 euro, mentre nel resto d'Italia costa 4,25 euro e in Europa addirittura 2,60 euro; forse non è abbastanza noto che la velocità media a Roma è di 13 km all'ora, mentre in Europa è di 20 km; forse non è abbastanza noto che l'età media degli autobus a Roma è di 10 anni, mentre in Europa è di 7 anni. Questi dati e altre analisi sono qui disponibili per chiunque volesse farsi un'opinione. E non solo un'opinione.
Maurizio Tarquini
L'archeologia ha un immenso potenziale, inespresso
18:21Basta andare sul sito del Comune di Roma e leggere qualche riga:
”La città con la più alta concentrazione di beni storici e architettonici al mondo; il suo centro storico delimitato dal perimetro delle mura aureliane, sovrapposizione di testimonianze di quasi tre millenni, è espressione del patrimonio storico, artistico e culturale del mondo occidentale europeo e, nel 1980, insieme alle proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la basilica di San Paolo fuori le mura, è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Roma, cuore della cristianità cattolica, è l’unica città al mondo ad ospitare al proprio interno uno stato straniero, l’enclave della Città del Vaticano: per tale motivo è spesso definita capitale di due Stati. Oltre il 16% dei beni culturali mondiali si trova a Roma (il 70% in tutta Italia).”
Benvenuta wikiroma!
11:26
Ogni volta che si parli in termini di impegno civile e di passione, c’è da augurarne tutto il bene possibile per qualunque iniziativa. Roma ha vissuto gli ultimi mesi dentro una cappa di piombo, quasi avesse dimenticato, passo dopo passo, la sua storia, la sua identità e l’insegnamento che ha dato al mondo nella sua lunga vita. In questi tempi ogni cosa sembra inghiottita da un punto nero dove tutto sembra destinato a implodere, a scomparire, persino la speranza.
È tempo che ciascuno secondo la sua volontà, le sue capacità e il suo modo di vedere le cose, si occupi di Roma, a partire da chi a Roma ci è nato, o ci vive, o semplicemente l’ha scelta come sua città temporanea. Se avessimo un briciolo di retorica in più, diremmo che se ne dovrebbe occupare anche il resto del paese, perché è la sua capitale e perciò, a torto o a ragione, lo rappresenta più di ogni altra cosa.
Il nostro punto di vista è semplice: siamo persone variamente impegnate nel lavoro, ma non dimentichiamo che c’è una dimensione esterna, oltre a quella personale, familiare e lavorativa. Quella che si definisce sociale, che a noi piace dire la nostra città. Di questo ci vogliamo occupare, nel tempo che abbiamo a disposizione, di quel tanto o poco d’intelligenza di cui siamo capaci, della volontà, che invece abbiamo tutta, di non lasciare che le cose, come in un’inerzia senza responsabilità, scivolino verso il basso, senza cambiare.
Ci si può prendere cura della città in tanti modi. C’è chi si occupa di pulirla, con iniziative coraggiose in cui i cittadini suppliscono alle mancanze pubbliche; c’è chi si occupa di dare prospettive nuove alla politica, magari con generosità, in un momento in cui la politica gode di una pessima fama; c’è chi semplicemente cerca di far bene il proprio lavoro, magari la sua missione pubblica, ed è questa rivoluzione molecolare, forse, che è la più necessaria per rigenerare la città.
Noi che facciamo? Abbiamo pensato che fosse utile, urgente e, forse addirittura, indispensabile, mettere in rete, fisicamente e idealmente, le nostre proposte per cambiare profondamente la città. Le cose cambiano quando c’è la volontà, o la necessità, che è ancora più forte della volontà, di farlo; ma bisogna anche avere le idee giuste con cui armare la volontà. Ci indispettisce che altrove, nelle altre capitali europee, la modernità, che significa regole semplici, efficienza, autentica missione pubblica, faccia parte già della vita quotidiana, mentre a Roma ci sembra difficile, complicata, impossibile.
Di questo vuoto di idee è responsabile non solo la classe dirigente, in senso generale, che ha avuto (sprecandole) le redini della città, ma anche la rinchiusura nel privato, nel personale, nell’ambito del proprio lavoro, di tante, di decine e centinaia, addirittura forse migliaia, persone valide, capaci, pregevoli, che hanno preferito non occuparsi di Roma, di non essere generosi con la propria città.
La follia, a pensarci bene, è stata proprio pensare che Roma fosse solo uno spazio esterno indistinto, apprezzabile, o non apprezzabile, per la sua funzionalità, ma non la propria città, la propria comunità, quell’insieme di luoghi, strade, angoli, piazze, dove si svolge la nostra vita. La follia è aver pensato che si potesse star bene nel proprio piccolo, mentre tutto il resto cedeva sotto i colpi dell’incuria. La follia, alla fine, è pensare di vivere in una città a cui non si dedichi nessuna attenzione.
Perciò ci siamo messi assieme; ci siamo domandati come possiamo davvero contribuire a modernizzare Roma, come riusciamo a farla diventare una città contemporanea, piena di futuro, oltre che di passato; ci siamo detti come possiamo mettere le nostre competenze, le nostre idee, quel che tanto o poco sappiamo, a disposizione di chi, magari, volesse realizzarlo, a ogni livello di governo, cominciando naturalmente dal comune, e in ogni ambito della vita collettiva.
Perciò siamo qui e invitiamo chiunque abbia la stessa urgenza, visione e volontà, di contribuire a scrivere insieme un pezzo dell’enciclopedia collettiva del cambiamento da realizzare. WikiRoma vuol essere questo: un luogo, dove ciascuno ha l’opportunità di mettere in comune le conoscenze, le competenze e, soprattutto, di sentire l’emozione di occuparsi, ancora o di nuovo, di una città infinita come Roma.
È tempo che ciascuno secondo la sua volontà, le sue capacità e il suo modo di vedere le cose, si occupi di Roma, a partire da chi a Roma ci è nato, o ci vive, o semplicemente l’ha scelta come sua città temporanea. Se avessimo un briciolo di retorica in più, diremmo che se ne dovrebbe occupare anche il resto del paese, perché è la sua capitale e perciò, a torto o a ragione, lo rappresenta più di ogni altra cosa.
Il nostro punto di vista è semplice: siamo persone variamente impegnate nel lavoro, ma non dimentichiamo che c’è una dimensione esterna, oltre a quella personale, familiare e lavorativa. Quella che si definisce sociale, che a noi piace dire la nostra città. Di questo ci vogliamo occupare, nel tempo che abbiamo a disposizione, di quel tanto o poco d’intelligenza di cui siamo capaci, della volontà, che invece abbiamo tutta, di non lasciare che le cose, come in un’inerzia senza responsabilità, scivolino verso il basso, senza cambiare.
Ci si può prendere cura della città in tanti modi. C’è chi si occupa di pulirla, con iniziative coraggiose in cui i cittadini suppliscono alle mancanze pubbliche; c’è chi si occupa di dare prospettive nuove alla politica, magari con generosità, in un momento in cui la politica gode di una pessima fama; c’è chi semplicemente cerca di far bene il proprio lavoro, magari la sua missione pubblica, ed è questa rivoluzione molecolare, forse, che è la più necessaria per rigenerare la città.
Noi che facciamo? Abbiamo pensato che fosse utile, urgente e, forse addirittura, indispensabile, mettere in rete, fisicamente e idealmente, le nostre proposte per cambiare profondamente la città. Le cose cambiano quando c’è la volontà, o la necessità, che è ancora più forte della volontà, di farlo; ma bisogna anche avere le idee giuste con cui armare la volontà. Ci indispettisce che altrove, nelle altre capitali europee, la modernità, che significa regole semplici, efficienza, autentica missione pubblica, faccia parte già della vita quotidiana, mentre a Roma ci sembra difficile, complicata, impossibile.
Di questo vuoto di idee è responsabile non solo la classe dirigente, in senso generale, che ha avuto (sprecandole) le redini della città, ma anche la rinchiusura nel privato, nel personale, nell’ambito del proprio lavoro, di tante, di decine e centinaia, addirittura forse migliaia, persone valide, capaci, pregevoli, che hanno preferito non occuparsi di Roma, di non essere generosi con la propria città.
La follia, a pensarci bene, è stata proprio pensare che Roma fosse solo uno spazio esterno indistinto, apprezzabile, o non apprezzabile, per la sua funzionalità, ma non la propria città, la propria comunità, quell’insieme di luoghi, strade, angoli, piazze, dove si svolge la nostra vita. La follia è aver pensato che si potesse star bene nel proprio piccolo, mentre tutto il resto cedeva sotto i colpi dell’incuria. La follia, alla fine, è pensare di vivere in una città a cui non si dedichi nessuna attenzione.
Perciò ci siamo messi assieme; ci siamo domandati come possiamo davvero contribuire a modernizzare Roma, come riusciamo a farla diventare una città contemporanea, piena di futuro, oltre che di passato; ci siamo detti come possiamo mettere le nostre competenze, le nostre idee, quel che tanto o poco sappiamo, a disposizione di chi, magari, volesse realizzarlo, a ogni livello di governo, cominciando naturalmente dal comune, e in ogni ambito della vita collettiva.
Perciò siamo qui e invitiamo chiunque abbia la stessa urgenza, visione e volontà, di contribuire a scrivere insieme un pezzo dell’enciclopedia collettiva del cambiamento da realizzare. WikiRoma vuol essere questo: un luogo, dove ciascuno ha l’opportunità di mettere in comune le conoscenze, le competenze e, soprattutto, di sentire l’emozione di occuparsi, ancora o di nuovo, di una città infinita come Roma.